AVVISO
martedì 6 settembre (in mattinata)*
Municipio di Piazza Umberto I, Motta Sant'Anastasia
CONSIGLIO COMUNALE URGENTE
per discutere del caso "PIANO TAVOLA"
per discutere del caso "PIANO TAVOLA"
Per aggiornamenti visita comune.mottasantanastasia.ct.it.
All'ordine del giorno le future iniziative volte a fermare lo scorporo della frazione di Piano Tavola dal comune di Motta Sant'Anastasia. Nulla trapela sul tipo di proposte che verranno discusse in seduta. Meglio esserci!
* Nota del 6 settembre:
Il consiglio non è stato convocato sia per problemi tecnici che per attende le risoluzioni delle altre amministrazioni. La data è da destinarsi.
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Manca poco meno di un mese al fatidico 2 ottobre, giorno in cui è previsto il referendum che permetterà agli abitanti della frazione quadripartita di Piano Tavola di ottenere l'autonomia amministrative e diventare, quindi, un comune a tutti gli effetti.
La battaglia indipendentista comincia circa 30 anni fa, ma solo da quest'estate, con l'approvazione del decreto pro referendum che porta la firma dell'assessore Caterina Chinnici , si è intravisto realmente il tanto agognato traguardo. Da quella data, era il 27 maggio, i comuni danneggiati di Belpasso e Motta Sant'Anastasia, sia in maniera congiunta che separata, hanno presentato ricorsi di primo grado al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale), che li ha rigettati, e successivamente si sono appellati al Consiglio di Giustizia Amministrativa, sebbene questo debba ancora esprimere il proprio parere. Ma cosa si chiedeva a questi organi di giustizia? Quale problema di legittimità veniva ravvisato nel decreto Chinnici? Per chiarirci le idee, di seguito pubblichiamo l'intervento del Consigliere PD, Danilo Festa di Motta Sant'Anastasia. Il discorso, pronunciato nella seduta del Consiglio Comunale del 15 giugno alla presenza del Sindaco di Belpasso e di due Assessori di Camporotondo Etneo, riesce ad illustrare in maniera egregia quali siano i profili di illegittimità ravvisati e chiarisce il quadro normativo di riferimento.
Riguardo la discussione all'ordine del giorno, penso che al di là dell'affezione che tutti abbiamo nei confronti del nostro territorio, dei legami e del dovere che abbiamo di difendere la nostra "terra promessa", parafrasando uno dei precetti biblici, credo che sia necessario fare una premessa normativa e giurisprudenziale perchè in questo caso è facile farsi trasportare dall'emotività della situazione ma è necessario affrontare la tematica con tutto ciò che concerne la legge.
Partirei dall'alto, da ciò che ci dice la nostra Costituzione all'art. 133 comma 2, il quale dispone che "La Regione, sentite le popolazioni interessate, può con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi Comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni."
E' proprio da questo dettato Costituzionale che parte a cascata la problematica che oggi ci troviamo ad affrontare.
A riguardo, in casi simili, si è espressa più volte la Corte Costituzionale con varie sentenze modificandone la propria ratio nel corso degli anni.
Partiamo dal lontano 1989 con la sentenza del 27 luglio n. 453. In questa occasione la Consulta ha affermato che l'obbligo di consultare le popolazioni interessate riguarda le popolazioni direttamente interessate, intese come quelle residenti nelle aree destinate ad essere trasferite da un Comune ad un altro.
Questo andrebbe a nostro svantaggio senonchè la Corte nel settembre del 1995 con sentenza n. 433, ha modificato il proprio punto di vista, precisando che la regola generale direttamente ricavabile dall'art. 133 esige la consultazione di tutte la popolazioni dei Comuni che devono subire delle modificazioni e che solo in ipotesi particolari ed eccezionali, che dovranno essere verificate caso per caso, potrebbe prescindere dalla consultazione l'intera popolazione dei Comuni che chiedono di staccarsi.
E ancora con sentenza del 2000 n. 94, la Consulta ha ulteriormente affinato il proprio punto di vista, affermando che se è vero che non vi è alcun obbligo che alla consultazione referendaria debba partecipare necessariamente la totalità della popolazione dei Comuni coinvolti, ciò non esclude che, le popolazioni residenti nei territori interessati, possano avere un interesse sostanziale rispetto alle variazioni territoriali proposte.
Ora, all'art. 133 della nostra Costituzione non è specificato quali siano le "popolazioni interessate" nelle differenti ipotesi di istituzioni di nuovi Comuni. Dunque è inevitabile che vi sia una certa elasticità di manovra in mano al legislatore Regionale, il quale deve dettare e prevedere i principi fondamentali al fine di specificare caso per caso, Comune per Comune o frazione per frazione, l'indizione del referendum parziale o totalitario, esteso cioè all'intera popolazione dei Comuni coinvolti.
Chiaramente questo spazio di manovra deve essere rispettoso del dettato Costituzionale e sarebbe irragionevole se così non fosse. Ed è indubbio che di regola anche le popolazioni dei Comuni coinvolti, residenti in aree diverse a quelle destinate al trasferimento possano avere un interesse rispetto alla variazione che va ad incidere sulla dimensione e sulla conformazione territoriale del Comune sul quale insistono.
Infatti la sottrazione ad un Comune di un'area territoriale, anche se limitata, può avere un' incidenza rilevante soprattutto per le infrastrutture, per le zone commerciali ed industriali, insomma per tutto ciò che porta "economia" al territorio stesso.
Fatta questa premessa, entriamo nel vivo della legge regionale, la n. 30 del 23 dicembre 2000. Non starò qui a tediarvi leggendola ma farò una sintesi dei punti qualificanti.
Innanzitutto nel caso di modificazione del territorio Comunale per l'istituzione di un nuovo Comune, la legge prevede che la popolazione è interessata nella sua interezza, al comma 3.
Questo prevederebbe un uso del referendum eccessivo e spropositato. Non a caso al comma 4 il legislatore prova a stemperare il tutto stabilendo che "la partecipazione al referendum di tutta la popolazione residente deve essere esclusa in presenza di determinati presupposti concorrenti che nel nostro caso sono due;
1) se il resto della popolazione non ha alcun diretto collegamento nei confronti delle parti del territorio per le quali si richiede l'autonomia..e NON E' IL NOSTRO CASO!
2) se le variazioni di territorio e di popolazioni coinvolte siano esigue..ed anche questo NON E' IL NOSTRO CASO!
Da ciò consegue che l'Assessorato Regionale degli Enti locali è tenuto a valutare caso per caso l'esistenza di tali elementi di fatto e solo in presenza di entrambi la consultazione referendaria può essere parziale.
Nonostante l'estrema chiarezza del quadro normativo, l'Amministrazione Regionale, come abbiamo potuto constatare dagli ultimi atti pervenuti, ha ritenuto che la consultazione referendaria debba essere limitata agli abitanti residenti nel territorio del Comune nascente.
Facendo riferimento ad una variazione di popolazione che non supera il 30% della popolazione complessiva del Comune originario. Tale interpretazione è, a mio parere, in netto contrasto sia con il contenuto precettivo della disposizione interpretata sia con il principio Costituzionale alla parola "popolazioni interessate" all' art. 133 comma 2.
Inoltre l'Amministrazione Regionale non può limitare la consultazione referendaria e renderla parziale, facendo semplicemente riferimento ai dettami matematici e rigidi previsti dalla legge 30/2000 (30% della popolazione complessiva del Comune originario) senza verificare caso per caso, scrupolosamente, quali siano gli interessi qualificati in gioco, cosa non avvenuta nella nostra situazione.
Il Partito Democratico all'Assemblea Regionale Siciliana ha già presentato un ordine del giorno sulla vicenda "Piano Tavola" e spero che anche i colleghi del Movimento per le Autonomie possano fare lo stesso.
Credo che, sia per il presupposto affettivo di cui parlavo inizialmente, sia per i dettami normativi e giurisprudenziali, questa battaglia dobbiamo intestarcela nelle giuste sedi e con i giusti mezzi d'informazione. Grazie per la parola.
Danilo Festa
15 maggio 2011
Confini di Piano Tavola secondo il progetto autonomista, disegnati sui territori dei comuni limitrofi. In azzurro l'area eventualmente sottratta al comune di Motta Sant'Anastasia - Immagine pubblicata dal Quotidiano di Sicilia |
Adesso rimane da chiedersi se le future risoluzioni del Consiglio Comunale ripercorreranno questa strada o si muoveranno su tutt'altro fronte. Non rimane che assistere alla seduta del 6 settembre in mattinata (da non confondere con quella pomeridiana-serale che si occuperà di piano triennale delle opere pubbliche e bilancio comunale).
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Post precedenti:
- Piano Tavola verso l'autonomia - Aggiornamento #4
- Piano Tavola verso l'autonomia - Aggiornamento #3
- Piano Tavola verso l'autonomia - Aggiornamento #2
- Piano Tavola verso l'autonomia - Aggiornamento #1
- Piano Tavola verso l'autonomia
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